Le cure palliative

Pubblicato: 23 Maggio 2022

Nel comune significato della nostra tradizione linguistica, il termine palliativo indica limite, inadeguatezza, rispetto ad un obiettivo prefissato. Il termine, infatti, risale al latino tardo palliare, nel significato di mascherare o coprire con un pallio (lat. pallium «mantello»). Di qui l’espressione: «quel rimedio è solo un palliativo» utilizzata per declassare quel tipo di intervento a livello di soluzione transitoria che non risolverà, ovvero, risolverà solo in parte il problema.
Nell’ambito delle cure mediche una cura si definisce palliativa se tende solo a combattere provvisoriamente i sintomi di una malattia, senza risolverne la causa.
Negli ultimi anni il termine “cure palliative” è sempre più associato alle cure che si occupano dei pazienti affetti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e la cui evoluzione conduce, in tempi più o meno brevi, alla morte.
Le cure palliative in questa accezione sono un approccio che mira:
1) a migliorare la qualità della vita dei malati nelle ultime fasi di una malattia inguaribile, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza;
2) a fornire loro senso e dignità alla vita fino alla fine;
3) ad alleviare il dolore, inteso come dolore totale, attraverso un approccio di cura che riguardi non solo il male fisico, ma tutti gli aspetti che contribuiscono a riacutizzarlo;
4) a curare con supporti non strettamente medici ma che utilizzano conoscenze e metodologie di tipo multidisciplinare.
La legge 15 marzo 2010, n. 38 identifica le Reti Regionali e le Reti Locali di cure palliative quali strumenti fondamentali per garantire l’accesso a cure dedicate di qualità. Tali reti assicurano:
- continuità di cura tra ambiti e livelli di intensità assistenziale differenti;
- sviluppo appropriato e unitario di una governance di sistema basata su regole, protocolli e percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) condivisi;
- formazione e integrazione del personale coinvolto.