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La definizione di salute dell’OMS, formulata nel 1948, che vede la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”, non si dimostra, attualmente,  la più adatta per i Paesi OCSE. Difatti, nei Paesi sviluppati, il radicale cambiamento del quadro epidemiologico è da tempo caratterizzato dal dominio delle malattie croniche e delle ricorrenti epidemie causate dal succedersi di nuovi ceppi di Coronavirus (SARS, MERS, Covid-19) a diffusione globale.
Con la transizione epidemiologica verso l’invecchiamento e la fragilità della popolazione, la definizione dell’OMS diventa piuttosto restrittiva, in quanto dichiara definitivamente ammalate le persone affette da malattie croniche e disabilità.
Minimizza, inoltre, il ruolo della capacità umana di reagire e convivere con le sfide fisiche, emotive e sociali in un mondo assistenziale in continuo cambiamento (innovazioni prodotte dalla ricerca medica e tecnologica) che determina la percezione di stare bene pur in presenza di una malattia cronica o di una disabilità.
Di conseguenza, il guadagno di salute, misurato in anni di sopravvivenza, appare essere meno rilevante della interrelazione sociale sempre possibile con un adeguato supporto medico e tecnologico. A tal punto la capacità di potere affrontare, gestire, mantenere e ripristinare la propria integrità e il proprio equilibrio è, senz’ altro, un fattore più rilevante e realistico del recupero del completo benessere.
Strettamente collegato alle considerazioni suddette risulta essere il fattore “comorbidità”.
Esso è riferito alla presenza di un’interazione tra le malattie presenti nelle varie popolazioni e nei singoli individui che ne fanno parte.
Tale fattore ha rilevanza soprattutto sul piano clinico-assistenziale mentre lo studio della distribuzione dell’insieme delle malattie presenti in una popolazione e del modo in cui interagiscono, ha rilevanza sul piano epidemiologico, di sanità pubblica e di programmazione.
A tale proposito vale l’osservazione che alla secolare transizione epidemiologica della fragilità del XX secolo, sono seguiti, negli ultimi decenni, ulteriori significativi mutamenti che hanno influenzato la nostra salute, come:
- le crescenti disuguaglianze (si è passati da diseguaglianze tra paesi – primo e terzo mondo – a diseguaglianze più accentuate all’ interno dei singoli paesi);
- la mobilità globalizzata ed i flussi migratori imponenti;
- i nuovi modelli di consumo e di comunicazione;
- i cambiamenti ambientali e del clima globale.
Tali trasformazioni hanno mutato profondamente le condizioni di vita e di salute delle comunità agendo, oltre che sul benessere fisico, anche sulla sfera psicologica (comportamento e abitudini), sociale, familiare, relazionale e lavorativa.

 

 

Links per la rassegna sull’argomento:

 

https://www.fsm.it/il-paziente-fragile/

https://www.epicentro.iss.it/ben/2011/gennaio/2

https://epiprev.it/editoriali/vulnerabilita-e-fragilita-in-sanita-pubblica-nelle-politiche-e-nei-metodi-di-studio

https://www.sigg.it/assets/congressi/52-congresso-nazionale-sigg/slide/congresso/01/09Pace.pdf

https://www.bioeticanews.it/lanziano-fragile-3/

https://www.aprirenetwork.it/2017/12/10/cap-16-classificazione-funzionale-e-valutazione-multidimensionale-in-ambito-sanitario-e-socio-assistenziale/

https://assd.it/wp-content/uploads/2018/05/Sergio-Pillon-Disabilit%C3%A0-fragilit%C3%A0-e-medicina-digitale.pdf

 

                                                                                                                                                                                         Agostino Scardamaglio

 

 

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